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In questa pagina ti accompagniamo in un viaggio di scoperta virtuale attraverso l'Abruzzo. Questi antipasti sapranno sicuramente farti venire l'acquolina in bocca. Forse ti convinceranno a impostare le coordinate GPS per la prossima vacanza verso la regione più verde d'Europa, con i suoi innumerevoli borghi medievali, panorami mozzafiato e spiagge infinite. Torna di tanto in tanto in questa pagina, perché verranno aggiunti regolarmente nuovi antipasti. Una destinazione da sogno come l'Abruzzo svela i suoi segreti solo a poco a poco.

Abruzzo Pineto strand beach

'Il mare macchiato di trabocchi'

La ‘Costa dei Trabocchi’ prende il suo nome dal ‘trabocco’, un’antica macchina da pesca tipica delle coste abruzzesi, garganiche e molisane, tutelata come patrimonio monumentale. Il trabocco è un’imponente costruzione realizzata in legno strutturale che consta di una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi di pino d’Aleppo (il pino comune in tutto il medio Adriatico), dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, due (o più) lunghi bracci, detti ‘antenne’, che sostengono un’enorme rete a maglie strette. Oggi i trabocchi non vengono più utilizzati per lo scopo originario, ma fungono da vere e proprie attrazioni turistiche. Alcuni trabocchi sono stati persino convertiti in ristoranti. Le origini del trabocco si perdono nei tempi. La prima testimonianza troviamo in un manoscritto risalente al 1400, ritrovato nell’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia, nel quale padre Stefano Tiraboschi parla di papa Celestino V, ‘uscendo dall’abbazia e ammirando la costa ‘punteggiata’ dai trabocchi’. Ma le leggende e i racconti popolari raccontano di un origine un po’ più recente, ovvero nel 1600, quando famiglie sefardite (ebrei spagnoli), si stabilizzarono in quei luoghi, e a seguito di un forte maremoto, ingegnarono questo sistema per poter pescare senza essere costretti ad andare in mare aperto. Oggi i trabocchi non vengono più utilizzati per lo scopo originario, ma fungono da vere e proprie attrazioni turistiche. Il primo a notare e raccontare della loro bellezza era Gabriele D’Annunzio nel suo romanzo ‘Il Trionfo della Morte’. Per D’annunzio, il trabocco aveva vita propria, e osservandolo erano evidenti i segni del tempo, le tante battaglie intraprese contro il mare. Scrive il Vate: ‘La lunga e pertinace lotta contro la furia e l’insidia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva vivere d’una vita propria, avere un’aria e una effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni e anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava tutte le fibre, metteva fuori tutte le sue asprezze e tutti i suoi nocchi, rivelava tutte le particolarità resistenti della sua struttura, si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava un carattere e una significazione speciali, un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avesser compiuto la loro opera crudele.’

costa dei trabocchi
costa dei trabocchi mare blu
costa dei trabocchi UNESCO erfgoed

PINETO

Pineto-Pescara: 30 km

Pineto-Ancona: 140 km

Pineto-Bologna: 340 km

Abruzzo Pineto pijnbomen

Pineto è una nota stazione balneare del medio Adriatico, con 14 500 abitanti. Il villaggio confina a nord con il comune di Roseto degli Abruzzi, a sud con quello di Silvi e a ovest con quello di Atri. Nel 1930, la sede comunale di Mutignano venne spostata nel nuovo centro abitato di Villa Filiani in seguito al suo rapido popolamento, cambiando conseguentemente il nome nell’attuale Pineto (basato su ‘La Pioggia nel Pineto’, poesia di Gabriele D’Annunzio). Pineto è soprattutto conosciuto per la sua pineta litoranea, che fu modellata nel 1923 con la bonifica dell’area circostante, con il livellamento del terreno e l’impiantamento di 2 000 alberi di pino alti circa 6 metri. Pineto ha conosciuto negli anni settanta del XX secolo un notevole flusso migratorio proveniente dall’estero (Russia, Albania, Polonia, Ucraina). Nel 2010 è stato riaperto al pubblico il Parco Filiani, un’area verde collinare originariamente creata tra le due guerre mondiali da Luigi Filiani su parte della propria azienda agricola; in essa, oltre a varie specie arboree e alla presenza di diverse famiglie di animali, sono presenti anche sentieri e percorsi ciclopedonali.

MUTIGNANO

Mutignano-Pescara: 30 km

Mutignano-Roma: 210 km

Mutignano-Bari: 330 km

Mutignano è una bellissima frazione del comune di Pineto, situata su una collina a circa 6 km dal mare Adriatico. Fino al 1930 Mutignano era il centro amministrativo di Pineto. Le prime testimonianze del villaggio risalirebbero al 958. Il paese ricadeva nella diocesi di Penne, ed era soggetto all’abbazia di San Giovanni in Venere. Nel 1251 Mutignano fu trasferito sotto la diocesi di Atri e diventò il capoluogo di questa zona. Nel XIV e XV secolo il piccolo paese (qualche centinaia di famiglie) fu interessato da flussi migratori che portarono nuovi residenti slavi ed albanesi dall’altra sponda dell’adriatico, in fuga dell’avanzata ottomana nei balcani. Con l’apertura della stazione della ferrovia Adriatica nel 1863, iniziò la forte crescita di Villa Filiani, nucleo originario dell’attuale Pineto. Il Parco Castellaro fu inaugurato a Mutignano nel 2019 e si estende in circa 2500 metri quadrati di vegetazione e sentieri naturali. Una realtà preziosa per il territorio che si trova nel punto più alto di Pineto e che permette di godere di un meraviglioso panorama. La Chiesa di San Silvestro Papa, risalente al XII secolo, è la principale di Mutignano. Di grande interesse un dipinto quattrocentesco di San Silvestro presso l’altare, del pittore abruzzese Andrea De Litio.

Mutignano church kerk
Abruzzo Mutignano Chiesa di San Silvestro Papa
Abruzzo Mutignano village centre
Abruzzo Mutignano Pineto view zee sea mare

VASTO

Vasto-Pescara: 75 km

Vasto-Bari: 240 km

Vasto-Bologna: 430 km

La città di Vasto (40 000 abitanti), forse fondato dall’eroe greco Diomede, ha origine nel XII secolo a.C. in cui le prime popolazioni greche, illiriche e frentane si stanziarono in quello che poi diventerà nel 91 a.C. il municipio romano di ‘Histonium’, importante borgo marinaro e porto dell’Adriatico (soprattutto nei tempi di Giulio Cesare) fino alla distruzione da parte dei Longobardi nel Medioevo. Il centro storico di Vasto si compone dell’antico rione romano (‘Guasto d’Aymone’= l’antico Histonium) e di ‘Guasto Gisone’, parte medioevale normanno del centro, che vennero poi riunificati in una sola città nel 1385. Negli anni 1960 iniziò per Vasto il boom economico vero e proprio, incentrato sul turismo balneare. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore si conserva la preziosa reliquia di una spina della corona di Cristo; qui permane la tradizione di festeggiare la Vergine il 5 agosto. Nella città c’è sempre la vista del Golfo di Vasto, in tutta la sua bellezza, mentre è possibile ammirare dal basso il centro storico, dalla storia millenaria, arroccato su un’altura che domina il golfo. Sullo scoglio di Scaramuzza c’è Il Monumento Alla Bagnante, nota come ‘Sirenetta’, realizzata dallo scultore abruzzese Aldo D’Adamo.

Abruzzo Vasto piazza
Abruzzo Vasto city centre
Abruzzo Vasto Marina pier
Abruzzo Vasto Adriatische zee

ANVERSA DEGLI ABRUZZI

Anversa-Sulmona: 15 km

Anversa-Pescara: 80 km

Anversa-Roma: 140 km

Abruzzo Anversa degli Abruzzo
Abruzzo Anversa degli Abruzzo view

Anversa degli Abruzzi è un piccolo borgo situato nella valle del fiume Sagittario, con circa 300 abitanti. Anversa fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia. Nel territorio del comune si trovano la riserva naturale guidata Gole del Sagittario e la frazione di Castrovalva. Il centro storico conserva l’impronta medioevale ed è impreziosito dalle stupende chiese romaniche abruzzesi di San Marcello (il patrono) e Santa Maria delle Grazie, dalle Case dei Lombardi (fatte costruire tra il 1480 e il 1520), dai ruderi del castello normanno, dagli stretti vicoli scalinati, dalle pittoresche piazzette e dalla produzione di stoviglie e manufatti in argilla. Importanti sono le tracce del passato attestate anche dalla presenza di necropoli italiche e antiche vestigia. Il nome medievale ‘Anversa’ non risale alla città belga, ma alla posizione del borgo verso la valle e il fiume (‘ad amnen versus’). Nel 1706 il terremoto della Majella danneggiò il borgo, danneggiato nuovamente nel 1915 dal terremoto di Avezzano. Nel XX secolo la populazione a subito un notevole calo demografico, specialmente per luoghi che offrono possibilità di lavori migliori, tra cui Sulmona. La popolazione è passata dat 1934 abitanti nel 1901 ai 304 di oggi (Dato Istat 2021).

MOSCUFO

Moscufo-Pescara: 15 km

Moscufo-L’Aquila: 100 km

Moscufo-Ancona: 160 km

Abruzzo Moscufo olijfbomen wijngaarden

Il villaggio di Moscufo ha 3 000 abitanti e ospita rigogliosi uliveti e numerosi frantoi formando con i comuni di Pianella e Loreto Aprutino il cosidetto ‘triangolo d’oro dell’olio’. Si tratta di un’area le cui caratteristiche geomorfologiche e microclimatiche consentono la produzione di olio extra vergine ‘Aprutino Pescarese’ dalle particolari qualità chimiche e organilettiche. Sull’etimologia del toponimo ‘Moscufo’ non c’è chiarezza. Potrebbe derivare da ‘Moscosus’, oppure da ‘Muskulf’, nome di un capo longobardo che aveva posto il suo accampamento sul pianoro di Contrada Santa Maria, dove oggi c’è il cimitero e la Chiesa di Santa Maria del Lago. Questa chiesa, anticamente detta così per via della vicinanza del bosco (lucus) era un’abbazia benedettina, come testimoniano le aperture laterali a forma di ogiva verso il chiostro. La facciata, estremamente spoglia e semplice, introduce a un interno elegante e sobrio, con eleganti affreschi del XII secolo, parzialmente sbiaditi dal tempo e dalla sovrapposizione di altre pitture. Il vero capolavoro della chiesa è l’ambone policrono (1156!), del maestro Nicola da Guardiagrele, bellissimo esempio di scultura romanica.

Abruzzo Moscufo olijfolie olive oil
Moscufo olijfolie wijngaarden gouden driehoek van de olijfolie

Il piccolo borgo di Fontecchio (300 abitanti) sorge nella valle dell'Aterno all’interno del Parco Regionale Sirente-Velino. Il borgo fu gravemente danneggiato dal terremoto dell’Aquila del 1703, ed in seguito anche da quello del 2009. Il centro storico di Fontecchio conserva intatta la caratteristica di borgo fortificato medievale, con porte di accesso, tratti di alte mura, torri e maestosi palazzi. Numerose e ben visibili sono le emergenze architettoniche di tipo romano, rinvenibili in gran parte del territorio comunale. Tra queste possiamo facilmente notare il basamento del tempio dedicato a Giove ove poi venne edificata la Chiesa di Santa Maria della Vittoria (la quale oltretutto conserva anche un'iscrizione che riporta il nome degli ‘Aufigenates’, antica popolazione vestina). Il Convento di San Francesco d’Assisi è la chiesa più interessante del borgo, situata in contrada San Pio. Il monastero fu costruito nel XIII secolo e ristrutturato dopo il terremoto del 1703. Le pareti mostrano parti di affreschi medievali di scuola di Giotto, intervallate da arcate cieche. Il chiostro è ornato da affreschi con storie di Maria Maddalena.

Fontefecchio

Fontecchio-L’Aquila: 25 km

Fontecchio-Roma: 140 km

Fontecchio-Napoli: 250 km

Fontecchio

Fontefecchio torre

La ‘Torre dell’orologio’ e il sistema orario a sei ore

La storia di Fontecchio sembra entrare bruscamente nel vivo nel XV secolo, quando, a partire dal maggio del 1425, la quasi totalità dei castelli del circondario dell'Aquila vengono cinti d'assedio dallo spregiudicato condottiero mercenario Braccio da Montone, detto ‘Fortebraccio’. Se per i restanti borghi del circondario la resa fu il naturale epilogo dell'invasione subìta, tutto ciò non avvenne per Fontecchio. Anzi, grazie al coraggio dei suoi abitanti, il tutto arditamente narrato nel ‘De bello Bracciano Aquilae gesto’ dell'illustre Girolamo Pico Fonticulano, il paese riuscì a respingere l'attacco delle truppe mercenarie, anche attraverso l'aiuto di un altro nobile condottiero fontecchiano del tempo, accorso a dar manforte ai propri concittadini: Rosso Guelfaglione (membro della famiglia Benedetti, originaria del posto, di cui fa parte anche l'astrologo del XVI secolo Giulio Cesare, che predisse il papato al futuro Sisto V). L'episodio che però sembra assurgere a simbolo e tradizione di Fontecchio è senza dubbio rappresentato dall'assedio del 1647 ad opera delle truppe spagnole. Durante la sommossa contro gli Spagnoli, capeggiata dal genovese Giovanni Grillo, gli abitanti del castello di Fontecchio resistettero all’assedio. Non le fonti più attendibili (che parlano di un assedio durato una decina di giorni), bensì fonti frammentarie e popolari ci tramandano una versione dei fatti che ad oggi impernia in maniera così evidente il simbolismo e la ritualità della civiltà fontecchiana da non poterne tralasciare il racconto. Infatti, si narra, l'assedio durò ben cinquanta giorni ed il paese, ormai allo stremo delle forze, fu liberato dal coraggio della marchesa Corvi, la nobildonna Giulia Muzj, vedova di Pompeo Corvi, barone di Fontecchio, la quale, dal suo palazzo, sparò un colpo di spingarda colpendo a morte il capo degli assalitori e liberando così il borgo. Ancora oggi ogni sera, a ricordo di tale episodio, l'orologio della ‘Torre dell’orologio’ batte cinquanta rintocchi, mescolando così storia, leggenda, tradizione, fierezza ma soprattutto respiro di tempi lontani ancora impregnati nei vicoli e nelle mura di Fontecchio. L'orologio, considerato uno dei più antichi costruiti in Italia, muove l'unica lancetta in base ad un perfetto meccanismo di pesi e batte le ore ‘all'italiana’, cioè di sei ore in sei ore. Il sistema orario a sei ore, anche detto ‘alla romana’, fu una convenzione per tenere il tempo, seconde la quale il giorno va dall’Ave Maria della sera (circa mezz’ora dopo il tramonto, quando termina il crepuscolo) a quello successivo e si articola in 6 ore ripetute per 4 volte. Venne creato dalla Chiesa nel XIII secolo e rimase in uso in Italia sino all’arrivo di Napoleone che introdusse il sistema orario a 12 ore.

Tagliacozzo

Tagliacozzo-L’Aquila: 50 km

Tagliacozzo-Roma: 80 km

Tagliacozzo-Pescara: 125 km

Il comune di Tagliacozzo (6 400 abitanti) è situato nella parte occidentale della Marsica, nell’area dei piani Palentini, non distante dai confini che separano l’Abruzzo dal Lazio. Non lontano dal centro abitato si trovano la stazione sciistica di Marsia e la località residenziale della Piccola Svizzera. Il territorio fu abitato nell’antichità dagli Equi, posti al confine settentrionale dei Marsi. La piovosità storica di questa zona è di circa 970 mm annui distribuiti in più o meno 100 giorni con precipitazioni. Diverse sono le ipotesi relative all’origine del nome. Quella più accreditata fa derivare il toponimo da due termini latini: ‘talus’ e ‘cotium’, ovvero taglio nella roccia. Infatti, il borgo si è sviluppato alle pendici del monte Civita. Nel 1794 Tagliacozzo risultava il centro più popoloso della zona, con 12 000 persone. Tagliacozzo divenne, a cominciare dall’inizio del Novecento, un centro di villeggiatura invernale ed estivo e una meta turistica. Edward Lear scrisse: ‘Non ho mai visto nulla di più maestoso dell’ingresso a Tagliacozzo: è un burrone a precipizio, che in apparenza sembrerebbe fatto ad arte.’

View on Tagliacozzo

La battaglia di Tagliacozzo e la decapitazione di Conradino(16)

Battle of Tagliacozzo

La Battaglia di Tagliacozzo fu una battaglia importantissima, combattuta il 23 agosto 1268 nei piani Palentini, non lontano dall’ attuale villaggio di Tagliacozzo, tra i ghibellini sostenitori di Corradino di Svevia e le truppe angioine (francesi) di Carlo I d’Angiò, di parte guelfa, rappresentando di fatto l’ultimo atto della potenza sveva in Italia. La fine di Corradino segnò infatti la caduta definitiva degli Hohenstaufen dal trono imperiale e da quello di Sicilia. La battaglia è nota come Battaglia di Tagliacozzo poiché, all’epoca, la cittadina risultava essere sede comitale, la più popolosa della Marsica e centro rilevante sulle cartine geografiche. L’esercito di Corradino, costituito da soldati tedeschi, pisani, romani, spagnoli e arabi, era numericamente superiore, ma al momento dell’attacco i leader di questo esercito commisero l’errore di non valutare adeguatamente l’entità e le posizioni di tutte le forze nemiche. Corradino fu sconfitto dopo un’apparente vittoria iniziale a causa di uno stratagemma ideato da Alardo di Valéry (consigliere di Carlo d’Angiò), che prese spunta a sua volta da un analogo espediente usato dai saraceni nelle crociate: il nobile Henri de Cousances indossò le vesti di Carlo e si lanciò in battaglia con tutta l’avanguardia preceduta dalle insegni reali. Caduto il Cousances, i ghibellini ebbero l’illusione di aver ucciso l’odiato francese e di avere in pugno la vittoria. Ruppero così le loro formazioni e questo diede a Carlo d’Angiò la possibilità di sferrare un nuovo attacco a sorpresa, grazie a 800 cavalieri tenuti in riserva. Corradino si diede alla fuga, dirigendosi verso Roma. A Torre Astura tentò di prendere il mare, probabilmente diretto verso la fedelissima Pisa. Fu invece tradito da Giovanni Frangipane, signore di quei luoghi, che lo fece consegnare a Carlo d’Angiò. Corradino fu processato sommariamente e condannato a morte. Fu decapitato a Campo Moricino, l’attuale Piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre 1268.

Sulmona

La piccola città di Sulmona, una delle più belle d’Abruzzo, si sviluppò nell'epoca romana, dotata di un foro, di un cardo e decumano, e di templi pubblici. Reperti sono stati trovati presso la Chiesa di Santa Maria della Tomba, eretta sopra un tempio romano, o secondo la leggenda sopra la casa di Ovidio. Il centro storico di Sulmona è uno dei più grandi e conservati della regione, e costituisce il nucleo principale della città di stampo medievale-rinascimentale-barocco. Questo centro è attraversato da una via principale da capo a capo chiamata Corso Ovidio, costruita sopra il cardo romano originale, e che nel centro sfocia nell’ampia Piazza Garibaldi, famosa per l'acquedotto di Manfredi di Svevia. Oltre ai numerosi palazzi rinascimentali e settecenteschi, il centro sfocia nella villa comunale, dove si trova la Cattedrale di San Panfilo.

Sulmona-Pescara: 70 km

Sulmona-Roma: 160 km

Sulmona-Napoli: 170 km

Sulmona

SMPE

Ovidius: 'Sulmo mihi patria est'

La statua celebrativa del famoso poeta latino Publio Ovidio Nasone (noto semplicemente come Ovidio), nativo di Sulmona, si trova nella centralissima Piazza XX Settembre. L’opera, inaugurata nel 1925, si compone di un alto basamento su cui poggia la statua bronzea raffigurante il poeta in un atteggiamento riflessivo. Una statua dalle forme classiche che fa bella mostra di sé in questa elegante piazza nel centro storico di Sulmona. Ovidio è stato tra i principali esponenti della letteratura latina en della poesia elegiaca. La fama di Ovidio fu grande in vita quanto nelle epoche successive alla sua morte: ne riprendono i temi o ne imitano lo stile, tra gli altri, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, William Shakespeare e Gabriele D’Annunzio. Ovidio fu poeta di corte, amato e venerato da Augusto e dal popolo romano per molto tempo, fino al giorno in cui perse improvvisamente i favori dell'Imperatore che emanò un editto con il quale gli veniva ingiunto di lasciare l'Italia per Tomi (nome antico di Costanza). I motivi sono ancora incerti (lo stesso Ovidio accenna in una elegia che forse fu per un'opera non gradita all'imperatore o per un ‘error’, ossia un episodio di cui fu imprudentemente protagonista). L' opera più importante di Ovidio è ‘Le Metamorfosi’, composta da 15 libri. E' un'opera che ha influenzato gran parte della letteratura italiana. Ovidio fu il poeta preferito dai giovani e dagli ambienti eleganti romani grazie alla sua opera giovanile fatta di racconti e poesie d'amore, gli ‘Amores’. Il libro che gli diede maggior fama fu però il chiacchierato e scandaloso, per l'epoca, ‘Ars Amatoria’, un libro erotico con il quale dispensa consigli sul corteggiamento ad uomini e donne. A Tomi compose i ‘Tristia’, opera malinconica dell'esilio dalla quale è stato tratto l'emistichio ‘Sulmo mihi patria est’, presente sullo stemma civico fin dal medioevo. Parlare della città di Sulmona senza parlare d’Ovidio è impossibile. Tutti conoscono la sua bella statua, ma chi sa che a Costanza (Romania) è stata eretta la sua statua gemella? La città di Sulmona è gemellata da anni con la città di Costanza, che ama a tal punto il poeta da dedicargli annualmente il ‘Festival Internazionale di Arte e Cultura’ ed il nome ‘Ovidiu’ è quello più comune tra i maschi rumeni. L'oltraggio dei secoli non ha lasciato resti tangibilli di Ovidio a Sulmona, ma i luoghi tanto amati e decantati nei suoi carmi conservano ancora gli stessi nomi e l'antica suggestione: la ‘Fonte d'Amore’, cara al Dio Amores, dove egli si recava in visita all'amata Corinna, sensualissima vestale, è ancora lì, anche se non dispensa più l'afrodisiaca acqua dell'innamoramento. Il Tempio di Ercole Curino, creduto per secoli la sua dimora, è conosciuto ancora oggi come ‘La Villa di Ovidio’.

Ovidius  Sulmona
Confetti di Sulmona

I confetti di Sulmona: Regalo a William e Kate

I confetti di Sulmona, una tipica prelibatezza dolce di una delle città più belle dell'Abruzzo, sono rinomati in tutta Italia e oltre. Esistono varie tipologie, tra le quali le più distintive consistono in bouquet, fiori colorati, margherite o papaveri. Inoltre, ogni "confetto" (singolare di "confetti," simile a come si parla di un singolo "spaghetto") in un bouquet ha diversi sapori, dal cioccolato al caramello, dalla mela all'arancia. Ci sono anche sculture o diverse rappresentazioni di piante o figure antropomorfe, personalizzate per il cliente, o sculture di confetti che evocano personaggi fantastici popolari della cultura giovanile. La storia dei confetti è antica; la loro produzione moderna risale al XV secolo, e si è evoluta in un prodotto di abilità artistica nello stesso periodo. Oltre alle mandorle prodotte nella Valle Peligna e nell'Abruzzo, vengono utilizzate anche mandorle dalla Sicilia, raccolte nelle province di Siracusa, in particolare la famosa mandorla Pizzuta di Avola, e Ragusa. Secondo le leggende, i confetti venivano già prodotti nella Valle Peligna durante la conquista romana (I secolo a.C.). Tuttavia, alcune fonti indicano che un piccolo laboratorio artigianale emerse nel XV secolo vicino al monastero di Santa Chiara, e persino le suore osarono cimentarsi in quest'arte. Nel XX secolo, i confetti di Sulmona hanno vissuto un periodo di significativo sviluppo economico, con la costruzione di molte fabbriche (tra cui alcune del XIX secolo), la più famosa delle quali è la fabbrica Pelino. Colori Colori specifici vengono utilizzati per i confetti regalati in occasione di eventi speciali. I confetti bianchi vengono naturalmente regalati ai matrimoni, i rosa per la nascita e il primo anniversario di matrimonio, l'azzurro chiaro per il battesimo e la prima comunione, il rosso per le lauree e il verde per un anniversario di bronzo. Nel centro storico di Sulmona si possono trovare varie botteghe di confetti, tra cui la più nota e antica è il negozio "Mario Pelino," seguito da "Di Carlo," "L'Unica" (1932) e "Panfilo Rapone." Le mandorle vengono ricoperte con uno sciroppo di zucchero bianco o colorato e rotolate in bacini di rame fino a quando lo strato di zucchero è completo. Dopo l'asciugatura con aria calda, l'acqua evapora, lasciando uno strato uniforme di zucchero sulla parte centrale della mandorla. I confetti di Sulmona non vengono preparati con farina e amido, e l'unicità risiede nella qualità della mandorla stessa e nel rivestimento esterno, che viene "lucidato" nella fase finale. Il trattamento è simile a quello di un vero lavoro d'arte, come direbbe un pittore o uno scultore... William & Kate Al matrimonio dell'erede al trono britannico, William, e Kate Middleton, la fabbrica Pelino ha inviato una scatola speciale di confetti come regalo di nozze. A partire dagli anni '60, con la crescita della produzione industriale, la vecchia fabbrica di Introdacqua è stata chiusa a favore di un nuovo edificio in una posizione più strategica. Tuttavia, le politiche locali sono riuscite a preservare la tradizione, insieme agli discendenti di Pelino, consentendo alla storica fabbrica non solo di rimanere operativa, ma anche di aprire un museo ricco di oggetti e video che raccontano una storia coinvolgente. Fondato nel 1988 e riconosciuto come monumento nazionale nel 1992, questo museo - un esempio unico tra i musei di cultura materiale - è ospitato su due piani dello splendido edificio Liberty della fabbrica di confetti Mario Pelino. Illustra e riassume la storia della produzione locale di dolci attraverso interessanti e rari manufatti storici esposti in tre spazi espositivi: strumenti per la gestione amministrativa, macchinari antichi, attrezzature e utensili, una ricca collezione di regali, citazioni, diplomi e riconoscimenti. Nel complesso, è un omaggio ai maestri della produzione di dolci che, fin dal tardo Medioevo, hanno portato l'artigianato che ha reso famosa Sulmona nel mondo. Un punto forte del museo è la suggestiva ricostruzione di un laboratorio del XVIII secolo con macchine utilizzate per la produzione e la lavorazione dei dolci (pentole di rame), attrezzi (un setaccio, una taglierina per filo, una pelatrice, una lucidatrice, diversi mulini, pestelli, molteplici filtri per lo sciroppo di zucchero) e vari vasi di vetro con gli ingredienti antichi che costituiscono il nucleo o la copertura della caramella. Info Indirizzo: Via Stazione Introdacqua 55, Sulmona. Contatto: www.pelino.it, tel 0864 210047 Orari di apertura: da lunedì a sabato, dalle 8:00 alle 12:30 e dalle 15:00 alle 19:00.

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